Luci e suoni del Baltico a Vienna

Ieri sera ho assistito ad un concerto di rarissimo ascolto a Vienna. Si trattava di uno spettacolo audio-visivo, con musiche di compositori contemporanei e proiezione d'immagini di paesaggi, cieli stellati e viaggi nella Via Lattea sapientemente alternate con riprese (in diretta?) dei musicisti. Per questa occasione sono tornata all'università per la musica, ma stavolta nella sala Haydn, una piccola moderna sala da concerti. L'ideatore dell'evento, Lothar Strauß, ha sapientemente e simpaticamente introdotto l'iniziativa ed i vari brani e solo alla fine ho avuto la conferma che un'idea simile potesse venire solo da... Berlino. Il professore in questione lavora a Vienna da un anno, ma è nato e cresciuto nella frizzante capitale tedesca.

immagine della Via Lattea
Il concerto ha previsto: "Fratres" di Arvo Pärt (1935- ) per violino, orchestra d'archi e percussioni, "Ballata per arpa ed archi" di Einojuhani Rautavaara (1928-2016) ed il concerto per violino ed orchestra d'archi "Fernes Licht" (luce lontana) di Peteris Vasks (1946- ). L'orchestra da camera dell'università diretta da Vladimir Kiradjiev ha accompagnato le soliste Anastasia Harazade, Angela Rief e Indre Dromantaite. Quindi compositore estone, finlandese e lettone rispettivamente. Musicalmente Pärt è una rassicurante conferma. Ha un suo stile, scarno, fatto di suoni da ammirare singolarmente. Il brano si presterebbe benissimo ad essere adattato per violino ed organo ed è strano il compositore non l'abbia ancora fatto, nonostante le varie trascrizioni del pezzo per gli ensemble più vari. Rautavaara non mi ha colpito, vi ho trovato troppi "effetti speciali" ma niente di memorabile. Vasks, invece, è stata un'intensa e piacevole scoperta. Il suo concerto per violino ripercorre un po' la storia della musica, inserendo tecniche di vari secoli, ma allo stesso tempo è in una complessa e ben organizzata forma circolare. Come ha detto Strauß, non è da escludere un intento teologico nella composizione. L'orchestra se l'è cavata, il repertorio non era affatto facile. Il primo violino mi ha dato l'impressione di un carro armato, ma l'importante è il risultato. Le soliste sono state tutte brave. Nell'ultima traspariva la tensione ma effettivamente il brano era tecnicamente non facile. La sincronizzazione immagini-musica non era perfetta, in particolare i musicisti comparivano sullo schermo sempre un pizzico in ritardo rispetto a quanto suonato. Non avendo visto altre telecamere tranne una girevole posta di lato, credo che le riprese non fossero in diretta. Doppia fatica, quindi, coordinare il tutto a tempo.

Questo concerto fa parte di una serie di eventi dell'università in cui altri concerti con musica contemporanea e di provenienza "nordica" si alternano a mostre e proiezioni dell'istituto di cinema. In questo caso sono venuta a conoscenza dell'iniziativa grazie alla violinista di cui ho raccontato in precedenza, che qui suonava nell'orchestra d'archi, ma credo di mettere in programma altri concerti del festival. Come detto, una cosa simile è più unica che rara in una città musicale ma un tantino fossilizzata nell'accademismo come Vienna.

Orgeltag, il giorno dell'organo

Sabato scorso, 15 ottobre, ho partecipato alla IV edizione della giornata dell'organo.Dalle 14:30 alle 23 si sono succeduti concerti nelle chiese più note della città, dall'organo più antico al più recente, con il solo scopo di sensibilizzare la gente alla presenza di questo strumento. Mi sarebbe piaciuto si fossero unite anche le sale da concerto, per sfatare il mito che l'organo sia uno strumento prettamente da chiesa, ma magari la prossima volta.

foto da Wikipedia
Il programma completo si trova qui. Ovviamente ho dovuto fare una selezione, tra l'altro saltando a piè pari tutte le esecuzioni degli studenti delle locali scuole di musica. Causa altre priorità ho intenzionalmente perso il primo concerto alla Dominikanerkirche ma mi sono trovata poco prima delle 16 in Michaelerplatz con un’amica che mi ha accompagnato per tutta la maratona organistica. Potevamo scegliere tra l’Augustiner- e la Michaelerkirche ed abbiamo optato per quest’ultima per l’organo storico (inizio 1714).  Strumento che non delude mai, anche perché Manuel Schuen, l’organista, vi suona da anni. Avrei gradito qualche azzardo in più nella registrazione, che invece era rigidamente consona al repertorio (Kerll, Frescobaldi, Böhm, etc.). Due particolari non musicali hanno stonato: l’insistenza nel chiedere un’offerta da parte del parroco, tenendo conto che in questa chiesa già tengono regolarmente concertini per turisti per finanziare il recente restauro dello strumento, e la richiesta del programma all’uscita, un semplice A4 fotocopiato in cui facevano pure pubblicità alle altre iniziative musicali della parrocchia ed ai CD da loro prodotti.

foto da Wikipedia
Non siamo rimaste fino al termine perché alle 16:30 iniziava un altro concerto alla Jesuitenkirche. Qui, prima abbiamo sentito la studentessa moldava Cristina Galusca in Bach (Concerto Bach-Vivaldi in re minore BWV596), Mendelssohn (VI sonata op. 65/6) e Reger (fantasia corale su “Wachet auf, ruft uns die Stimme” op. 52/2) e poi il suo insegnante Michael Gailit in Bach (Partita su “Christ, der du bist der helle Tag” BWV766 e preludi corali su “Allein Gott in der Höh sei Ehr” BWV662-664 dalla collezione di Lipsia) e Schmidt (Ciaccona in do diesis minore). La prima ha pagato la giovane età e l’inesperienza. Non ha saputo gestire bene i registri e l’interpretazione era scolastica ed immatura. In Bach il primo allegro era troppo lento (o meglio, privo di ritmo), mentre l’adagio era troppo veloce e poco lezioso. La seconda variazione sul corale in Mendelssohn era confusa, causa registri errati al pedale. Tecnicamente le sbavature erano trascurabili, ma appena l’insegnante ha iniziato a suonare pure la mia amica, non organista, ha convenuto che sembrava di sentire un altro strumento. Lui sì conosceva bene come far tremare le pareti della chiesa o raggiungere il limite dell’udibile, come pulire i suoni, gestire il fraseggio e dare un senso alla composizione. Per carità, nulla di eccezionale, semplicemente la mano navigata di qualcuno che evidentemente conosce l’organo e l’ambiente in cui si trova. La ciaccona di Schmidt resta per me un pezzo troppo lungo e difficilmente digeribile.

Wöckherl-Orgel, foto da Wikipedia
Per le 19 eravamo nella Franziskanerkirche per un concerto alquanto inusuale: serie di improvvisazioni con l’organo Wöckherl (1642, con temperamento mesotonico), l’organo Rieger (equabile) e voce. Allo strumento contemporaneo c'era Manfred Tausch, allo strumento antico, al positivo ed incaricato della presentazione Johannes Ebenbauer ed il soprano era Susanne Kurz. Oltre ad essere piuttosto bravi nell’improvvisare in diversi stili, hanno mostrato un certo affiatamento nel suonare assieme. Interessante combinazione tra  organi così diversi. L'impatto iniziale ha fatto sembrare lo strumento antico “stonato” e modesto rispetto al possente Rieger ma poi la bellezza delle armonie e dei registri dello strumento storico ha prevalso sull'impersonalità di quello moderno.

Dopo una tradizionale cena viennese, innaffiata dal mio primo Sturm, abbiamo fatto a tempo a sentire parte dell’ultimo concerto della giornata, a Stephansdom. Ascoltare musica nella cattedrale di sera assume sempre i contorni di un’esperienza mistica, probabilmente per l’oscurità, le dimensioni della chiesa e l’acustica. Konstantin Reymaier ha eseguito sul nuovo Rieger Bach, un’improvvisazione e una trascrizione del celeberrimo adagio dalla VII di Bruckner, per terminare con una piccola improvvisazione sulla ninna nanna di Brahms. Anche qui nulla di eccezionale, ma l’organo merita e l’ambientazione è unica. L’unico rammarico è storico, perché Bruckner ha prestato regolare servizio come organista ma ha composto poco o nulla per questo strumento, nonostante sui nostri libri di storia della musica si dica che il suo stile compositivo risenta della formazione organistica.

Conclusione. Come la lunga notte delle chiese, credo sia un’iniziativa da ripetere e copiare. Ancora troppe persone si rifiutano di mettere piede in chiesa per paura di non so cosa e così facendo si perdono grandi opere d'arte. Indipendentemente dalla fede o qui anche dalle tasse, la musica come la pittura sono state finanziate in passato dalla Chiesa e non possono essere da questa svincolate. Inoltre molte persone non sanno che un organo ha una pedaliera che copre due ottave e mezza, che gli spartiti per organo sono scritti su tre righi per questo motivo, non sanno cosa sia un registro e quanto complesso ed evoluto sia il meccanismo di funzionamento di questo strumento, non sanno nulla di temperamenti ed accordature, etc. Associano l'organo solamente a noiosi accompagnamenti dei canti durante la messa, senza nemmeno immaginare che quello strumento ha il potenziale di un'orchestra intera. Il 75% del repertorio organistico non è prettamente liturgico. In tutto il pomeriggio ho sentito solo qualche corale che può essere quindi definito musica sacra, tra l’altro corale luterano in chiesa cattolica. Per il resto, tra preludi, ciaccone, toccate e canzoni non c’era nulla di “religioso” se non l'ambientazione. Speriamo di aver demolito qualche pregiudizio!

Metti una sera in conservatorio a Vienna

Dopo le consuete 10-11 ore in ufficio, qualche sera fa sono andata all’università musicale per assistere ad una prova pre-laurea di una violinista ed una violista. Ho conosciuto la violinista, italiana, durante le riprese di un documentario in cui entrambe abbiamo partecipato come comparse. Stanchezza e fame (non avevo cenato) sono passate all’istante appena varcata la porta di quel solenne edificio tutto illuminato in una fredda e buia serata d’autunno. Nell'aula c'erano già altri amici e conoscenti delle due laureande, tutti musicisti e di varie nazionalità. Il programma delle due ragazze era impressionante, specialmente per la violinista. Oltre a qualche solo, erano previsti anche passi di concerto accompagnati al pianoforte da una collega. Per un'ora e mezza sono stata trascinata nelle spire di Schubert e poi sulle vette di Brahms, passando per il ritmo travolgente di Bartok e la spensieratezza intelligente di Mozart. Un vortice senza fine. Anche di ricordi, dei tempi del conservatorio, i miei vent’anni, delle lezioni di solfeggio che impartivo dopo il diploma (complice la lavagna pentagrammata) e della mia prima esperienza viennese, quando giravo ovunque con la bici come questi ragazzi seguendo tutti i concerti gratuiti offerti dalla città. Alle 21:30 abbiamo dovuto scappare perché altrimenti non avrebbero più concesso aule per studiare alle due ragazze (sempre meglio del Pollini ove ai nostri tempi alle 18:30 sbattevano fuori se non c’era l’insegnante e trovare un’aula per studiare era sempre un’impresa impossibile). La serata è proseguita con una birra internazionale e musicale, in un locale pieno di fumo (sì, qui è ancora ammesso) e di studenti del conservatorio. Una tipica serata viennese bohemien.

© Universität für Musik und darstellende Kunst Wien
Dal punto di vista musicale, ho avuto l'occasione di riflettere sul nostro modo di fare musica. Entrambe le ragazze hanno dimostrato una buona preparazione di base, eppure ognuna rispecchiava l'origine. La violista francese gigioneggiava, le veniva naturale. Il repertorio romantico l’aiutava molto, un po’ meno Bartok. Nella violinista italiana, invece, trasparivano l'emozione e l'atteggiamento ipercritico verso se stessa. Ha mostrata un'abilità tecnica impressionante, con minime sbavature che non sarebbero nemmeno state notate se lei stessa non ci avesse dato tanto peso. Acciderbola, mi ci sono riconosciuta! I nostri insegnanti (anche in campo scientifico) ci hanno instillato l’insicurezza, talvolta per la loro ansia da prestazione, talvolta per poter mantenere il loro potere su di noi, talvolta per frustrazione (senza una carriera concertistica in corso) e talvolta per desiderio di stimolare l'allievo a dare il massimo e spiccare il volo. Finché non s'incontra l'insegnante che ci dà fiducia o non si raggiunge da soli la pace con se stessi, ci fissiamo degli standard di perfezione che proprio perché irraggiungibili umanamente ci lasceranno sempre insoddisfatti delle nostre performance. Nel caso della violinista, senza motivo, perché anche a livello interpretativo ha mostrato una maturità di tutto rispetto, decisamente maggiore di quella della collega francese, che suonava tutto più o meno con lo stesso approccio. Nel primo movimento del concerto di Brahms mi è venuta letteralmente la pelle d’oca! L'esito dell'esame le ha riconosciuto il talento che già in una semplice prova casalinga aveva mostrato. Mi auguro un giorno di sentirla per radio o meglio ancora dal vivo al Musikverein come solista.

Restando in tema autocritica, abbiamo il terrore del giudizio degli altri ma i primi insoddisfatti siamo noi stessi. Ci perdiamo il piacere di far musica, non ci rendiamo conto di essere dei privilegiati. Essere stata invitata ad una serata simile per me è valso più di una cena a base di pesce nel migliore ristorante della città. Eppure temo che solo chi abbia pianto e sudato cercando di sistemare un passaggio tecnico complesso, solo chi ha dovuto aspettare anni prima di suonare un pezzo decente e solo chi non ha smesso mai d’imparare e guarda con la curiosità e l’entusiasmo di un bambino qualsiasi nuovo spartito possa apprezzare fino in fondo un'occasione simile e godersela pienamente. Il vantaggio della musica è che può essere goduta a vari livelli anche senza averla studiata, nonostante potendola capire ci si trova come dopo aver imparato una lingua straniera e finalmente poter leggere un libro o vedere un film in lingua originale. In questo caso particolare non era tanto il comprendere il linguaggio musicale l'aspetto fondamentale per apprezzare la serata, quanto piuttosto la condivisione dello sforzo, degli anni, dell'ansia dell'esame, della paura del parere di chi ci conosce, etc. ossia del mettersi a nudo di fronte ad un pubblico. Tutto sommato, a posteriori, il rinfrescarsi di un'emozione complessa che ha lasciato una cicatrice di ricordi positivi e dolorosi allo stesso tempo.