Antichità nordiche

Nuovamente ad un concerto. Stavolta si torna alle origini, sia metaforicamente per il repertorio antico sia per lo strumento, ossia l'organo a canne. Invitata da una signora del coro ecumenico di lingua tedesca che fa parte del comitato promotore del restauro e del mantenimento dello strumento ascoltato (link al comitato e all'organo), domenica pomeriggio sono andata a sentire uno dei concerti della serie per la stagione 2014-2015.

Prima del restauro.
L'organista Cindy Castillo ed il mezzosoprano Joëlle Charlier hanno proposto una selezione di brani di Sweelinck (solo organo, Pavana lachrimae, Variazioni su "ma jeune vie a une fin" e Fantasia Cromatica) e di Dowland (canto e b.c., "Come again: sweet love", "Is that a sinner's sighs", "Weep you no more, sad fountains", "Say love if ever thou didst find", "What if I never speed?", "Sorrow stay", "Were every thought an eye" e "Flow my tears"), intitolando il concerto "sweet melancholy".

Indeed! Testi e musiche di una tristezza infinita, senza speranza. Le due ragazze, al contrario, manifestavano gioia ed entusiasmo da ogni poro. Molto bella la voce del mezzosoprano, anche se talvolta sopraffatta dall'accompagnamento, e soprattutto molto espressiva. Davvero brava! Ovviamente da organista sono più critica verso una collega, che però ha fatto un ottimo lavoro nei brani per strumento solo, mostrando tutte le possibilità sonore dello strumento, il cui temperamento mesotonico rende particolarmente appropriato il repertorio scelto. L'ho apprezzata meno nell'accompagnamento, sia perché troppo presente in alcuni momenti e sia nella scelta dei registri. In particolar modo non ho trovato opportuno l'uso del tremolo meccanico. Meglio il semplice bordone, a mio parere. I brani sono stati introdotti da lunghi discorsi (esageratamente lunghi e pieni di aneddoti, forse per alleggerire l'atmosfera altrimenti piuttosto cupa), solo in francese. Inutile dire che la cosa non mi sia risultata particolarmente gradita.

La chiesa di Saint Denis è l'ambiente ideale per i concerti. L'acustica è perfetta, né troppo secca né troppo riverberante. L'organo è in una posizione ottimale. Peccato che l'edificio sia malandato e che la zona circostante non propriamente tenuta a dovere. Lodevole il lavoro fatto per far tornare in vita e mantenere lo strumento. Purtroppo il pubblico era quasi esclusivamente costituito da anziani locali. L'evento diffuso su un social ha attirato solo altri due compagni di concerti che con me hanno abbassato un po' l'età media dei partecipanti. La signora tedesca che mi ha fatto conoscere l'evento mi ha proposto di provare lo strumento e di magari farci un concerto assieme in futuro (suona il flauto traverso). Beh... magari! Non ho un cv musicale confrontabile con quello delle interpreti di stasera, ma ci metterei tutta la mia buona volontà. Ovviamente se fossi ancora a Bxl per quell'ipotetica data.

Chitarra d'arte

Gli organisti, me compresa, sono piuttosto prevenuti verso i chitarristi, perché la nostra esperienza è quasi esclusivamente limitate ai “gratta-formaggio” che popolano le chiese, ossia dilettanti che strimpellano accordi cercando di accompagnare canti amusicali durante una liturgia già penosa di suo. Eppure la chitarra è uno strumento fantastico! Permette di suonare deliziose polifonie come di fare melodia ed accompagnamento da sola. È uno strumento trasportabile che ha conquistato il cuore della musica “popolare”, ma non è affatto facile da suonare come credono i gratta-formaggio. In questi giorni a Bxl si tiene un festival internazionale di chitarra ed ho avuto il piacere di ascoltare il primo concerto della serie, assieme ad un'amica chitarrista.

Il programma comprendeva il chitarrista canadese Thierry Bégin-Lamontagne, il flautista belga Denis-Pierre Gustin (doveva essere in duo con un chitarrista che però ha dovuto annullare la sua partecipazione causa problemi alla mano) ed infine il Brussels Chamber Choir, diretto da Helen Cassano, accompagnato alla chitarra da Pedro da Silva Soares. Il primo è un giovane talento che ha mostrato la sua arte con brani antichi, classici, moderni e contemporanei (Valse vertigo). Nonostante qualche minima sbavatura, che ne ha mostrato l'umanità, e l'inappropriata pubblicità al proprio cd (la gente l'avrebbe trovato comunque al termine del concerto), la sua esecuzione è stata mirabile. È riuscito a far cantare lo strumento in tutti i generi affrontati. La parte centrale del programma è stata limitata al flauto solo causa la defezione del chitarrista accompagnatore e questo ha inficiato il repertorio. L'esperto e virtuso Gustin ha proposto brani molto tecnici, mostrando una precisione impressionante ed un ottimo suono in tutta l'estensione dello strumento, ma temo che il pubblico si sia un po' annoiato a sentire studi e scale. L'ensemble che si è esibito per ultimo ha proposto una selezione di brani dal  "Romancero Gitano" del nostro Mario Castelnuovo-Tedesco, autore ingiustamente poco noto. Molto belle le musiche. La direttrice ha saputo sapientemente armonizzare le voci e la chitarra, ma purtroppo la freddezza ed il calcolo anglo-belga hanno davvero fatto perdere la spontaneità ed il naturale calore di testo e musica. Peccato!

La serata era ospitata nell'Espace Magh, ove figura un teatro piuttosto carino. L'acustica troppo secca ha obbligato gli organizzatori ad amplificare (e riverberare) i musicisti, generando qualche problema tecnico che avrebbe potuto essere riscolto con una prova audio prima del concerto, evitando scenette imbarazzanti con i fonici a scavalcare balaustre e cambiare microfoni. C'erano pure due presentatori, uno dalla loquacità impressionante, in francese, ed una signora che avrebbe dovuto tradurre tutto in neerlandese ma si perdeva dei pezzi. Se nel complesso ho apprezzato molto la serata, l'organizzazione evidentemente "casalinga" e gli interpreti emergenti (tranne il navigato flautista) non hanno certo giustificato il costo del biglietto (€15+€2 di spese). I concerti, anche quelli senza pretese, restano a Bxl una sorta di lusso.

Studio 4 e Schumann

C'è un imponente edificio in art deco che si affaccia su Flagey, si tratta della vecchia sede della radio belga. Dopo aver rischiato l'abbattimento, è stato recuperato ed ora ospita in continuazione rassegne musicali e cinematografiche. Ieri sera ho avuto modo di entrare nel mitico Studio 4, ove troneggia un organo (apparentemente il più grande del Belgio) semi smantellato ma che il mio maestro suonò, per sentire la prima serata di due programmate con l'integrale delle Sinfonie di Robert Schumann.

Il concerto di ieri prevedeva la Sinfonia nr. 1 in sib maggiore, detta la Primavera, la Fantasia in do maggiore per violino e orchestra op. 131 e la Sinfonia nr. 4 in do minore, eseguite dall'Orchestra de la Monnaie, diretta da Frank Beermann e con la partecipazione della violinista Saténik Khourdoian.

Orchestra ben rodata ed unita, di dimensioni rispettabili (ben 6 contrabbassi e 4 corni), violinista talentuosa, direttore navigato. C'erano tutti gli ingredienti per una serata eccezionale. Qualcosa, però, non mi ha convinto. La musica. Non ho alcuna familiarità con la musica sinfonica di Schumann, forse perché ogni tentativo di ascoltare una sua sinfonia mi ha lasciato con un leggero amaro in bocca. Non la capisco. Non posso dar sempre la colpa agli interpreti. Ci sono tratti che richiamano lo slancio romantico di un Mendelssohn, altri la forza di un Beethoven, altri ancora anticipano la solidità di un Brahms, ma nell'insieme mi dà l'impressione di mancare di qualcosa. Si tratta di gusti personali. L'orchestra ha fatto un ottimo lavoro, pur se con un'interpretazione un tantino scolastica. Degna di nota la giovane solista, che ha concesso un bis con l'intenso Recitativo e Scherzo di Kreisler, anche se pure in questo caso la prodigiosa abilità tecnica ha prevalso un po' sull'interpretazione.

Ciononostante questo concerto ha rappresentato un'occasione da ripetere. La sala ha un'acustica perfetta anche nella III balconata, pur se a mio parere risulterebbe troppo secca per l'organo. L'evento, organizzato da un gruppo internet, mi ha permesso di conoscere altri appassionati di musica con cui andare per concerti. Per qualche momento mi è sembrato di fare un salto negli anni '60-'70, all'auditorium della RAI di Torino. Purtroppo anche lì sono riprese le stagioni concertistiche ma l'organo funge da mera decorazione. Ennesima conferma della forte similitudine tra Italia e Belgio.