OperaVox: ovvero bambini per una sera

Per puro caso ieri sera mi sono travata ad assistere con due amiche ad una proiezione particolare al FilmFestival: OperaVox. Si tratta di una serie televisiva di qualche decennio fa che arrangiava celebri opere liriche per un pubblico di bambini. Tramite cartoni animati o marionette, i personaggi delle opere semplificate e ridotte si trovano a cantare esclusivamente alcune famose arie mentre la narrazione degli eventi è affidata a scarni dialoghi in inglese. Ecco, questo è il vero "problema" di un'iniziativa altamente culturale, l'aver tradotto opere italiane, tedesche e francesi in inglese, con forte accento britannico!
Le opere di ieri sera erano: Il Flauto Magico (che in realtà non è un"opera" in senso stretto ma bensì uno singspiel, in cui parti vengono recitate), Il Barbiere di Siviglia e Carmen. Il lavoro di Mozart era reso con animazioni molto stilizzate e che sottolineavano il carattere massonico e magico della vicenda. Nel Barbiere una ricostruzione teatrale con marionette molto ben fatte giocava sugli aspetti comici della storia. Carmen era in uno stile più moderno, legato sia alla tragedia sia al tema più adulto. Complice anche una serata tiepida e serena, dopo un week end di pioggia e prima di altri giorni di temporali, la platea era piena, non c'era un posto per sedersi! La gente ha mostrato di gradire lo spettacolo, nonostante sia datato e nonostante fosse più per bambini che per acculturati adulti austriaci. Un bell'approccio all'opera anche per coloro i quali non sono abituati a sorbirsi due ore (minimo) d'incomprensibile canto impostato in una lingua spesso sconosciuta e con cantanti-divi a volte non all'altezza del ruolo o con regie astruse che invece di aiutare la comprensione fanno pentire di aver speso i soldi per il biglietto.

un circo per la poesia della rivoluzione

Finalmente sono riuscita a vedere l'Andrea Chenier, opera di Umberto Giordano, per di più nel discusso allestimento del Festspiele di Bregenz. Ovviamente sempre grazie al FilmFestival al Rathaus di Vienna.

Non conoscevo quest'opera se non per sentito dire e sempre con toni entusiastici, eppure non sono tornata a casa con il rammarico degli anni persi. Come precedentemente detto, l'amplificazione di quest'anno rende la voce un po' falsa e quindi il coinvolgimento emotivo è più faticoso. Devo anche premettere che non conoscendo la musica non si è innescato quel meccanismo di "familiarità" che rende piacevole il riascolto di qualcosa noto. Il linguaggio musicale è anche piuttosto avanzato (sì, lo so, è un'esagerazione per l'epoca, ma abbiate pazienza, rispetto a Verdi). Un'altra nota dolente è stata la non sottotitolazione dell'opera. Solitamente c'è e pur se in tedesco fornisce un aiuto alla comprensione di un italiano arcaico, reso ancor più ostico dal canto, specialmente quando non si conosce o non si ha il  libretto. 

La cosa che colpisce maggiormente di questo allestimento è sicuramente l'impianto scenico, cui s'è accompagnata una regia a dir poco eccentrica. L'idea di Marat immerso nella vasca che in realtà era il lago di Costanza (Bodensee in tedesco) è geniale, ma il gusto dei costumi da gay-pride, i tuffi acrobatici ed i balletti sospesi, scene di violenza rappresentate troppo realisticamente, gli interventi di chitarra elettrica (immagino non previsti in partitura dal povero Giordano), etc. mi sono sembrati un po' eccessivi. Soprattutto se ciò non contribuisce al coinvolgimento del pubblico nella storia, semmai a distrarlo con uno spettacolo quasi circense. Sarò all'antica, me preferisco gli allestimenti "realistici", anche se trasposti in epoche diverse o reinterpretati. Qui le carte in tavola c'erano tutte: l'evoluzione del personaggio femminile, la poesia come arte che salvifica, i lati oscuri della rivoluzione, l'ipocrisia, il sacrificio... In conclusione, grande spettacolo per gli occhi ma non per cuore ed orecchi.


Tragedia romana

L'altro ieri sera è iniziato il Film Festival nella Rathausplatz a Vienna, quest'anno con uno schermo di dimensioni maggiori (300 mq, impressionante!), un sistema audio potenziato (anche troppo, risulta falso) ed un programma che almeno una volta alla settimana include un concerto pop ed uno nazional-popolare (leggi, opera italiana famosa). Ieri sera davano Tosca, nel seguente allestimento (disponibile qui, grazie alla BBC), che ha trovato i favori della critica: Royal Opera Chorus e Orchestra of the Royal Opera House diretti da Antonio Pappano, per la regia di Jonathan Kent, con Angela Gheorghiu (Tosca), Jonas Kaufmann (Cavaradossi), Bryn Terfel (Scarpia).

Seconda Tosca che sento a Vienna e seconda volta con Kaufmann nel ruolo del pittore. Questo allestimento nelle intenzioni vorrebbe confrontarsi con l'inarrivabile storica versione di Zeffirelli per lo stesso teatro, con la Callas (Tosca) e Gobbi (Scarpia). Scenograficamente tradizionale, interpretazione degli attori magistrale, ma non mi ha convinto del tutto musicalmente. Sicuramente a causa del volume elevato, del bilanciamento in post-produzione e della proiezione all'aperto, perché i cantanti di tutto rispetto hanno comunque mostrato notevoli abilità interpretative, sia per la recitazione (Tosca era molto diva, Cavaradossi innamorato e Scarpia subdolo e cinico) sia dal punto di vista vocale.


Tosca resta una delle mie opere preferite, per quel misto di storia e romanticismo, per la tragedia (muoiono tutti, che lo sappiate subito) di primo ottocento resa ancora più drammatica dalle ambientazioni barocche (solo in teatro, in realtà Palazzo Farnese è rinascimentale e Castel Sant'Angelo medievale, solo la chiesa di Sant'Andrea si può considerare barocca) e dall'atmosfera cupa del decadentismo. La storia è semplice, come la riassunse Shaw "il tenore ama il soprano ma il baritono non vuole", eppure qui ci sono tanti sentimenti rappresentati: la volubilità della diva, la gelosia, il patriottismo, l'invidia, l'eroismo. Come non immedesimarsi in Tosca quando non regge alle torture sul suo amato e confessa, condannando se stessa, lui e l'Angelotti a morte, e quando si domanda del perché sia chiamata a tanto dolore? Come non piangere quando il Cavaradossi, cosciente dell'imminente esecuzione, si abbandona in un disperato e carnale appello alla vita?

P.S. In quegli stessi attimi la nazionale di calcio perdeva clamorosamente contro la nazionale spagnola. Se milioni di Italiani hanno pianto davanti alla tv vedendo undici ragazzi disfatti dalla fatica e sopraffatti dalle "furie rosse", concedetemi di essermi commossa alla rappresentazione canora di un dramma d'amore e politica, pur conoscendo il finale sin dal primo accordo, ambientato a Roma, messo in scena in Inghilterra, con una cantante rumena, un tedesco ed un gallese. Magia dell'opera!