Harnoncourt lebt!

E come! Harnoncourt dall'alto dei suoi 81 anni ha ancora energia da vendere! Ieri sera ho avuto l'onore di assistere ad un concerto per me eccezionale: "Vespro della Beata Vergine" di Claudio Monteverdi con il Concentus Musicus Wien, l'Arnold Schoenberg Chor, il Tölzer Knabenchor, la Choralschola dell'Hofburgkapelle, diretti da Nikolaus Harnoncourt, il tutto nella magnifica sala d'oro della Musikverein di Vienna.

Esecuzione precisa, pulita (pochissimi problemi d'intonazione di qualche strumento antico), mai monotona, grazie anche al movimento dei cori e dei solisti richiamando in qualche modo l'ambientazione della Basilica di San Marco. Unico neo qualche solista, troppo lirico, se non addirittura sguaiato, con più attenzione alla bella e potente voce con vibrato esagerato piuttosto che a rendere la partitura con i madrigalismi tipici del testo. L'opera è un trattato di teologia mariana e non a caso c'era una rappresentanza dei Domenicani in sala. Sala strapiena, hanno venduto tutto, dal primo posto caro come un mese d'affitto fino all'ultimo posto in piedi.

Il vero protagonista è stato proprio lui, Harnoncourt. Fantastico! Dirige con degli sguardi che sembrano fiammate. Mai stanco, mai sopra le righe, mai "seduto" sui suoi allori. Questa è filologia che ha senso. Strumenti d'epoca ed interpretazione viva! Nell'orchestra c'erano molti giovani, spero che la sua arte possa trovare un degno erede.

Don Giovanni: da Ponte o Da Ponte?

Dopo aver recuperato un biglietto economico per andare alla Staatsoper di Vienna, mi ero psicologicamente preparata ad ascoltare ben 3h di ispirato Mozart, con il suo Don Giovanni, in una specie di "prima della prima".... invece... avevo capito male e mi sono trovata davanti un'interessante presentazione alla prima.
A "condurre" la presentazione che sembrava più un talk show che un'anteprima c'erano due giovani gemelli evidentemente noti al pubblico austriaco. I cantanti sono stati introdotti con foto proiettate sul maxischermo a metà tra la pubblicità di accessori o abbigliamento ed il talent show prima della votazione. Alcuni cantanti erano presenti come "ospiti" e solo un mezzosoprano si è degnato di cantare "in diretta" un'aria dall'opera. Cast internazionale ove sembrano mancare solo gli austriaci. Protagonista italiano, dotato di voce molto bella e pure un bel ragazzo, cosa rara tra i cantanti di una volta ma sempre più comuni. Nel bene e nel male questo ragazzo si è mostrato italiano fino al midollo! Non solo dopo un po' di tempo che lavora tra Berlino e Vienna, interpretando pure diversi ruoli mozartiani, si è distinto per non aver detto una sillaba in tedesco, ma addirittura rispondeva alle domande con un inglese degno... dei cinepanettoni. L'amara riflessione è stata che, purtroppo, siamo tutti così, intendo noi Italiani: ci facciamo riconoscere ovunque per la nostra pronuncia marcata e per l'ignoranza linguistica, ma abbiamo altre qualità che ci vengono invidiate!

Alla fine la presentazione si è dilungata oltre il tempo previsto con l'intervista al direttore d'orchestra ed al regista, gli unici che hanno sollevato il livello culturale della manifestazione, riportando al centro le vicende narrate nell'opera e la musica di Mozart. Come sempre, grazie al connubio Da Ponte-Mozart, si tratta di lavori altamente simbolici in ogni singola parola-nota. Interessanti gli aspetti teologici, che non avevo mai considerato, distratta dai doppi sensi che Da Ponte ha profuso nel libretto.

I due "conduttori", invece, si sono persi in 20 minuti di elucubrazioni sul perché si scriva Da Ponte con la D maiuscola e non da Ponte... sinceramente a me il dubbio non era mai venuto, sarà perché sono di madrelingua italiana (pure in parte veneta, come il celebre librettista), sarà perché mi interessa di più la musica!

I Domenica d'Avvento

Come iniziare "col piede giusto" l'Avvento se non con una cantata di Bach sul corale "Nun komm der Heiden Heiland"? Così è stato, per la precisione con l'intera BWV 61 e seguito dai solisti (ahimè ricordo il nome solo del bravo soprano, Rutana Calugarescu), dall'ensamble orchestrale ed il coro della Lutherische Stadtkirche di Vienna, diretti da Erzsebet Windhager-Gered.

Per certi versi realizzazione casalinga, con le parti orchestrali ridotte ad un anomalo quartetto d'archi (violino, due viole e violoncello) ed al basso continuo all'organo, e dei coristi aggiunti per rimpolpare le sparute fila del coro della comunità, ma il risultato è stato egualmente professionale. Sarebbe impensabile per le realtà corali di parrocchia in Italia imbastire una cantata di Bach in 3 prove, di cui solo una mezz'ora prima del culto con l'orchestra.

Come dovrebbe essere, la cantata si è integrata pienamente nella liturgia. Il testo è particolarmente bello e significativo e la presenza di un teologo, una candidata pastora ed un membro del consiglio parrocchiale ci hanno aiutato nella sua comprensione. La calda atmosfera della comunità intera ha fatto il resto. Grazie Erzsebet! E' stato indimenticabile cantare Bach!


week-end dei Morti: parte 3

Requiem und Himmelstag. Questo il titolo di una serata particolare che ha avuto luogo nella Ruprechtskirche, la più antica di Vienna, fondendo la musica del Quartetto Wiener Melange e le riflessioni selezionate e lette dalla pastora della Lutherische Stadtkirche, Dr. Ines Knoll.

I commenti musicali della ricorrenza del 2 Novembre, evidentemente in comune con la chiesa protestante, sono stati il Quartetto n. 4 "Buczak" di Philip Glass e la trascrizione per quartetto d'archi del Requiem di W.A. Mozart fatta da Peter Lichtenthal. Sinceramente non sono rimasta positivamente colpita dal quartetto che, forse per la conformazione della chiesa, risultava spesso non affiatato o addirittura con errori d'intonazione dei singoli strumenti. L'interpretazione, al contrario, è stata interessante, molto dinamica e... romantica, anche in Mozart.




Purtroppo non sono riuscita a capire tutti testi associati, anche perché alcuni erano davvero complessi o poesie. L'ultimo brano era un commento sulle parole del Requiem aeternam, davvero bello, ma, da italiana e sostenitrice della pronuncia ecclesiastica del latino, sono rimasta allibita dall'inaspettata pronuncia "lukeat" di "luceat". Passi dover cantare "omnes ghentes", "Aghnus Dei", "in prinzipio", "dona nobis pazem" etc. etc. ma "lukeat" mi è risultato davvero indigesto, semmai mi aspettavo un "luzeat"! Mah! Mia ignoranza, probabilmente! Anche se, trattandosi di repertorio liturgico, sarebbe coerente usare la pronuncia ecclesiastica, o no?

week-end dei Morti: parte 2

Ein feste Burg ist unser Gott cantato a squarciagola. Eh già, perché domenica 31 ottobre era anche la Festa della Riforma nella chiesa protestante. Quest'anno, invece di accompagnare il culto luterano nella comunità evangelica di lingua tedesca nel mio paese con quattro turisti di numero o di terminare la messa domenicale con un "polemico" BWV 720, ho cantato nel coro della Lutherische Stadtkirche di Vienna.

Il culto, eccezionalmente in edizione anche serale, è stato davvero ben organizzato. L'accompagnamento musicale è stato pensato da Erzsébet Windhager-Geréd, la Kantorin della chiesa e quindi organista e direttrice del coro. All'inizio un solenne "Aus tiefer not" BWV 686, al centro un mottetto sull'antifona (?) gregoriana "Non moriar" e due elaborazioni a cappella del corale "Ein feste Burg ist under Gott", per chiudere con il celebre BWV 720 ed una roboante improvvisazione sul medesimo corale. Cerimonia della durata di circa 2 ore, cui è seguita una pizza con parte del coro e la direttrice... seguendo una tradizione molto cattolica ed italiana ;)

week-end dei Morti: parte 1

Sabato 30 ottobre autentico tuffo nel passato e nel mio Veneto grazie ad un concerto presso la Lutherische Stadtkirche con il coro ospite Ecclesia Nova da Verona e l'organista di origine vicentina Pier Damiano Peretti.

Il programma prevedeva brani all'organo, quali un capriccio di Frescobaldi, il Tema e Variazioni di M.E. Bossi e la Passacaglia BWV 582 di Bach, alternati a brani per coro a cappella o accompagnato all'organo, di autori antichi antichi come Victoria e Palestrina, romantici come Faurè e Mendelssohn e contemporanei (poco noti oltralpe) come Zardini e Molfino e Peretti stesso.
Ho assistito al concerto da un punto d'osservazione (ma non d'ascolto) privilegiato, visto che ho avuto l'onore di fare da registrante e girapagine al M.o Peretti, ormai da anni emigrato a Vienna ed insegnante presso la locale università musicale. Peretti è stato veramente fantastico! Pulizia e precisione erano associate a grande intelligenza e sensibilità nell'interpretazione dei brani, adattandoli all'occasione ed allo strumento, traducendoli in modo accativante a chi non li conosceva. Soprattutto è riuscito a trasformare in un piacevole e spettacolare pezzo da concerto quel Tema e Variazioni di Bossi che non sentivo dagli anni del conservatorio, ove era biascicato e massacrato dai diplomandi. Davvero bravo!
Il coro, vincitore del Festival della Coralità Veneta nel 2008, pur se a ranghi ridotti, è apparso smagliante. La direzione di Matteo Valbusa ha messo bene in luce la solida vocalità dei coristi. Secondo me, è mancata, però, la spontaneità o la passione nell'interpretazione, nell'associare un testo alla musica e nell'instaurare un dialogo con il pubblico. Pensavo fosse un'impressione, determinata dal fatto di ascoltare dalla cantoria un coro che cantava in abside, ma l'idea è stata confermata il lunedì, quando lo stesso coro ha animato la liturgia cattolica nella chiesa di St. Michael. In ogni caso, davvero bravi ed ammirevole la trasferta.

Organ meets Jembe

Ieri sera sono andata a sentire un concerto alquanto inusuale, almeno per me: organo e musica elettronica, con l'aggiunta di djembe, una percussione africana. Protagonisti Alexander Wessetzky e Markus Schnitzer.

Il concerto si è svolto nella parrocchia di Breitenfeld, ove troneggia un imponente organo dalla storia complessa e che con l'aggiunta di un quarto manuale eco diventerà il più grande organo viennese. L'inaugurazione ufficiale è prevista per Novembre.

Il concerto prevedeva, a parte tre brani di Vierne per organo, tutta musica contemporanea, prevalentemente composizioni dei due artisti. Ho apprezzato particolarmente un assaggio di un ciclo per organo di Wessetzky dedicato a San Francesco, che prevede 14 quadri musicali, descrittivi dei versetti del Cantico delle Creature, da associare alla proiezioni di affreschi di Giotto. Nonostante il linguaggio moderno, il risultato descrittivo è stato sorprendente! Se poteva essere "facile" con Sorella Acqua, assai più complicato era rendere Sorella Morte senza cadere nella banalità delle colonne sonore da film horror. Purtroppo l'interazione organo djembe si è limitata ad una Ciaccona composta da Schnitzer, ma ben riuscita, integrando nuove armonie e ritmi con una forma musicale secolare.

Nel complesso davvero piacevole. Unici nei: l'enorme chiesa gelata come al solito, la poca partecipazione (30 persone compresi gli artisti), l'assenza di spiegazioni o introduzioni ai singoli brani al microfono (le informazioni essenziali erano contenute in un foglio dato all'ingresso). Lodevole esperimento musicale che sarebbe di raro ascolto in Italia...

mia figlia ha davvero talento!

Recentemente un amico inglese organista e violoncellista ha postata questo video su Fb. Se avete avuto esperienza d'insegnamento in campo musicale o da allievi maturi avete assistito ad incontri tra genitori di vostri colleghi più piccoli e gli insegnanti... potrete capire perfettamente. Tanto per riassumere: una classica madre, convinta di avere la versione femminile di Mozart per figlia, impone orari, metodi di studio e programma al povero insegnante di musica.

Non ho mai sopportato questo atteggiamento. Forse perché io ho iniziato tardi a studiare musica, per vera passione, con i miei che non mi hanno ostacolato ma mi hanno responsabilizzato dicendomi che prima doveva veniva la scuola e poi la musica. Se avessi iniziato prima probabilmente avrei avuto più possibilità di essere una buona musicista invece che una grande appassionata con un sudato pezzo di carta, ma la storia non si fa con i se e sicuramente affrontare il conservatorio e la musica a 6 anni invece che a 20 non me l'avrebbe fatto apprezzare appieno.

Il tipo di genitori rappresentato nel video, pur se con le migliori intenzioni, fa di tutto per far odiare la musica ai propri figli, che a loro volta verranno odiati di riflesso dai propri insegnanti. E' ovvio che non si sta parlando del giusto stimolo a studiare musica, iniziando quanto prima, che i saggi genitori sanno dare, ma di frasi del tipo - al saggio, mio figlio/a potrebbe suonare questo pezzo. C'è la cugina che studia piano in conservatorio (n.d.a. magari al II anno) che potrebbe accompagnarlo/a. Si sta già preparando. - oppure - Non crede che potrebbe studiare questo pezzo? Alla sua età l'avevo fatto anch'io. - oppure ancora - la cugina che studia con un altro insegnante dopo solo 2 anni già suonava il tal pezzo, come mai mio figlio/a suona ancora questi stupidi e noiosi pezzettini da principianti? - proponendo sempre brani mostruosamente difficili sia per la tecnica in erba dello studente sia per la poca applicazione che spesso queste mette nello studio.

Cari genitori, ascoltate bene cosa mi sento di consigliarvi dall'alto della mia inesperienza come mamma e breve curriculum come insegnante:
1. fate ascoltare molta buona musica ai vostri figli sin prima della loro nascita, cercando brani anche meno famosi ma articolati, con esempi di vari strumenti; ricordate che i bambini sono molto sensibili e se voi amate la musica è più probabile che l'amino anche loro;
2. se avete degli strumenti musicali ed ancora meglio sapete suonarli fateli vedere e sperimentare ai bambini (sotto la vostra sorveglianza), nel caso di un pianoforte non abbiate paura a smontarlo per far capire "come suona"; iniziate presto ad avvicinarli al canto ed all'educazione dell'orecchio ma anche a distinguere il "rumore" dalla musica ed a rispettare il silenzio quando uno sta suonando;
3. quando hanno sui 4 anni, mandateli ai corsi di propedeutica musicale, verso i 5-6 a pianoforte (padre di tutti gli studi musicali, pur se io l'ho detestato per anni) e poi appoggiate le loro inclinazioni (se ad uno piace il sax non obbligatelo a studiare violino!!!);
4. portateli ai concerti e fate capire che TALENTO significa PASSIONE e che nulla si ottiene senza SACRIFICIO.
5. Una volta scelto un insegnante (operazione difficile, perché ci sono anche insegnanti pessimi), NON INTERFERITE!!! Non significa fregarsene del tutto, ma fidarsi di una persona che vostro figlio/a deve vedere come una guida. Semmai fatevi consigliare su come aiutare il pargolo ad appassionarsi alla musica, ma non imponete tabelle di marcia a nessuno!
Credo che l'intera categoria vi ringrazierà sentitamente!

P.S. Piccola nota personale. Per favore, spiegate che l'organo a canne non è un pianoforte con le canne o con i pedali (non solo 3, ma solitamente 30-32). Si tratta di strumenti diversi, che presuppongono tecniche diverse e che hanno repertori differenti. Basti pensare che il pianoforte "rientra" nelle percussioni, mentre l'organo nei fiati...

La Boheme in condominio

Altro spettacolo proiettato al Rathaus: Die Boheme in Hochhaus, ossia la Boheme in condominio, in periferia o simile. Produzione svizzera della celebre opera di G. Puccini in forma televisiva e girata in una casa popolare nei sobborghi di Berna.


La rappresentazione scenica, con i cantanti di bella presenza ed in abiti ottocenteschi che interagivano con i normali inquilini del palazzo dei nostri giorni, voleva, secondo le intenzioni degli autori più volte illustrate dai presentatori che importunamente interrompevano di continuo la musica con i loro interventi, portare l'opera in casa alla persone comuni, che normalmente non possono permettersi un biglietto a teatro. Intenzione lodevole e rappresentazione interessante, difficile con l'orchestra che suona in una palestra o quel che era ed i cantanti cantare una volta nella lavanderia, un'altra in un centro commerciale, ma...


Ma non mi ha colpito. Non è facile portare un opera al grande pubblico. Nonostante la bravura dei solisti, tutti convincenti, il fatto, voluto, che i protagonisti dell'opera non vestissero come gli altri "attori" ma indossassero i tradizionali costumi di scena, ha fatto sì che la vicenda rimanesse nel mito. Troppo distante per essere coinvolgente. Non c'è stata l'immedesimazione nei personaggi che avviene in un piccolo teatro. Il culmine dell'estraneazione, quando Mimì muore e viene portata via da un autobus con la scritta "Endstation", ossia capolinea ma metaforicamente anche destinazione finale, quindi morte. L'idea in sé è geniale, ma Mimì, che non tossisce una volta in tutto il film-opera, resta vestita con crinolina e scialle... non in minigonna e calze di rete, magari con la pelle scura, come potremmo vederla ai giorni nostri...


Insomma, se si vuole attualizzare un'opera si vada fino in fondo! Questo metateatro non mi ha convinto. Ne risente anche la musica, con dialoghi in una lingua lontana, non solo nel tempo ma anche geograficamente visto che le interviste erano in francese e tedesco... e i sottotitoli in inglese! Magari con un'altra opera avrebbe funzionato, ma l'intimità di questo Puccini è stata distrutta dagli spazi moderni ed ampi del nostro quotidiano. Peccato!



Il Messiah che fine ha fatto?

Quest'estate ho avuto modo di assistere alla proiezione davanti al Rathaus di Vienna di un'edizione teatrale del Messiah di G. F. Händel, registrata il 27 Marzo 2009 al Theater an der Wien.


All'inizio ho pensato: bella idea! Dopotutto si tratta di un Oratorio e realizzarne una versione teatrale, come anche delle Passioni di Bach (vedi film di Hugo Niebeling), è una scelta in linea con le sacre rappresentazioni medioevali. Perché no, dunque? Purtroppo il regista Claus Guth e lo "sceneggiatore" Konrad Kuhn, invece di inscenare nascita, morte e resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, come farebbe immaginare il titolo e come indurrebbe a pensare il libretto del Messiah, hanno creato una sorta di opera teatrale con al centro il suicidio di un uomo schernito da tutti e che viene tradito dalla moglie pure la notte in cui lui mette fine alla sua vergogna tagliandosi le vene. La faccenda ha toccato livelli di blasfemia nella scena della lavanda dei piedi, in cui la moglie e l'amante si lodano a vicenda le estremità. Il lavoro dello sceneggiatore è stato davvero creativo, trovando una spiegazione ad ogni parola del testo, dividendo la parte del soprano II tra moglie ed amante (contraltista, cosa che ha sconvolto i miei colleghi che non avevano mai sentito un uomo cantare nel registro femminile), investigando sulla psicologia di un pastore (sacerdote) che non era riuscito a salvare il fedele ed amico da quel gesto estremo, lavorando sul pentimento dei singoli personaggi... lavoro indubbiamente pregevole, ma applicato alla musica sbagliata, almeno secondo me.



E la musica? In secondo piano, ridotta a strumento e non a protagonista. Molto bravi i solisti, a parte qualche comprensibile problema di pronuncia dell'originale inglese, memorabile il coro (Arnold Schönberg Chor), il direttore, Jean-Christophe Spinosi, forse ha scelto tempi un po' troppo lenti dilungando l'intera composizione oltre le 3h e 30, ma nel complesso la parte musicale era lodevole. Degno di nota è stato il ballerino protagonista del suicidio, unico che non parla, oops canta, mai, ma che dotato di mimica notevole in una parte non certo facile.



So che ne esiste una versione in DVD, che non consiglierei. Il vecchio motto "scherza coi fanti e lascia stare i fanti" si adatta perfettamente a questa occasione: geniale idea ma avrei preferito vederla applicata ad un'opera teatrale di Händel, che ne ha composte parecchie, piuttosto che dissacrare un oratorio!

Vaya con Dios

Incuriosita da un video su You Tube, trovato cercando tutt'altro, ho noleggiato il film "Vaya con Dios - und führe uns in Versuchung" di Zoltan Spirandelli (2002), altra pellicola musicale mai arrivata in Italia. Non ho capito il titolo spagnolo visto che il film è ambientato tra Germania ed Italia ed i dialoghi sono quasi esclusivamente in tedesco (tranne due parentesi in latino ed in italiano), ma il sottotitolo è esplicativo... si tratta di una storpiatura della frase del Padre Nostro "und führe uns nicht in Versuchung" che significa "e non ci indurre in tentazione"... se togli il non...
Purtroppo il film era disponibile solo in lingua originale (tedesco) e senza sottotitoli, ma per fortuna i dialoghi non solo molti, così ho capito quasi tutto. Non mi dilungo a raccontarne la trama, in sostanza tre frati di un ordine semi-eretico, che pone il canto di lode a Dio come unica regola, sono costretti ad un lungo viaggio attraverso la Germania per raggiungere dei confratelli in Italia. Nella classica visione del "romanzo di formazione", questo viaggio si trasforma in tentazioni per i tre, dagli affetti della famiglia alla libertà della vita in campagna, dalla lusinga della cultura alla vera e propria attrazione carnale.


Interessante la figura di Arbo, il più giovane dei tre e che funge da voce narrante della vicenda, impersonato dal bravo attore Daniel Brühl. Questi, entrato in convento da bambino, non ha avuto la facoltà di scelta degli altri due. Le tentazioni che incontra lungo la sua strada non sono richiami alla vita laica ma le esperienza del mondo che gli sono mancate e che lo porteranno alla fine a fare finalmente la sua prima scelta matura e cosciente.
I brani musicali inseriti sono tutti di alta qualità ed eseguiti in modo ineccepibile da veri musicisti, ma gli attori sono stati ben istruiti e sono alquanto credibili come cantanti. Nell'elenco dei brani figurano: il mottetto "Tu solus" di J. Desprez, il Pater noster di I. Stravinsky ed una realizzazione a tre di Tobias Gravenhorst, fratello dello sceneggiatore, kantor nella vita reale e che impersona se stesso come organista nel video su citato, del corale "Wer nur den lieben Gott lässt walten".


Il film tocca con leggerezza temi profondi, ma senza addentrarvisi. Nel complesso è una commedia, strano per il cinema tedesco, ma che suggerisce interessanti riflessioni, con quella psicologia tipica del cinema tedesco. Peccato non sia uscito in Italia... come al solito!

Nuova veste a "the wedge"

Dopo aver riflettuto a lungo, ho deciso di cambiare la destinazione di questo blog: da sfogo contro la filologia in una lingua che non mi appartiene a sede di critiche musicali e non nella mia madrelingua, seguendo gli eventi (film, concerti, rappresentazioni) e notizie che mi è dato di seguire da quando sono emigrata nella capitale austriaca. Col tempo tradurrò in italiano anche i post precedenti che restano comunque in linea con il mio proposito di cuneo critico.

Mi auguro che qualcuno in più segua l'evoluzione di questo blog e ne commenti i post. Ovviamente mantenendo l'educazione ed il rispetto per le opinioni altrui, nel caso specifico le mie. Anche quando mi esprimerò negativamente nei confronti di qualche scelta musicale, non intenderò mai criticare il singolo musicista, degno di lode per il solo fatto di aver studiato per raggiungere un'ottima esecuzione tecnica e per avere il coraggio di esprimere la propria originale interpretazione. Buona lettura!


Disclaimer: I diritti delle immagini postate appartengono ai legittimi proprietari. Alcune immagini, prese dal web, sono solo a scopo esemplificativo dell'argomento trattato.

Wilhelm Tell von G. Rossini

Povero Rossini! Non solo hanno tagliato il suo capolavoro per renderlo digeribile ad un pubblico di studenti, ma addirittura l'hanno (ri)tradotto in tedesco!!! Mi riferisco ad una rappresentazione in forma di concerto cui ho assistito a Berlino nella prestigiosa sala grande della Filarmonia, con coro ed orchestra delle università di Berlino. Giusto per dovere di cronaca: coro grande ed orchestra sinfonica del Collegium Musicum delle università di Berlino FU (Freie Universität) e TU (Technische Universität) diretti da Manfred Fabricius. I solisti da programma, tutti eccellenti.


A mio parere rappresentare questa versione tradotta in Germania, a Berlino, è stato un grande errore... In francese, la lingua originale, o in italiano pochi avrebbero capito il testo e soprattutto ne avrebbe collocato la vicenda in un oscuro passato remoto. Nel programma c'era scritto che alla prima rappresentazione berlinese dell'opera, già all'epoca tradotta in tedesco, il nome del protagonista era stato cambiato in Andreas Hofer, patriota sudtirolese. Il testo primitivo era di Schiller, ultima sua fatica, ma Rossini ha musicato un libretto differente...

Le idee di libertà e di indipendenza sono universali, ma non trovo politicamente corretto far cantare "Gott ist mit uns" (Dio è con noi) alle neo-costituite legioni svizzere sapendo che "Gott mit uns" era la scritta che portavano i soldati della Wermacht e che non siamo noi a decidere da che parte sta Dio. Per non parlare del vagamente allusivo coro finale "Wir wollen sein ein einig Volk und frei" (Noi vogliamo essere un solo popolo e libero) che se da un lato qui a Berlino può ricordare i 20 anni dalla riunificazione dopo la caduta del muro, dall'altro può richiamare l'ideale di riunificazione del popolo tedesco che è stata la scusa per l'invasione della Polonia e l'annessione dell'Austria, dando l'inizio della II guerra mondiale... Insomma, un po' di cattivo gusto, almeno per me che maliziosamente l'ho colto.

Per fortuna quando hanno "rappresentato" l'unione dei tre cantoni originari con fazzoletti colorati al collo dei coristi non hanno usato i colori della bandiera tedesca... Ci mancava solo che alla fine attaccassero l'inno nazionale tutto in coro... magari l'hanno anche fatto ma non ho retto così a lungo!

Povero Rossini, diventato involontariamente patriota risorgimentale! Povero Rossini anche per l'interpretazione musicale. Ad ognuno il suo! Noi Italiani, a parte rare eccezioni, non sappiamo fare né Bach né tanto meno Wagner, ma voi tedeschi avete dei seri problemi, sempre con le dovute eccezioni, con la musica italiana!!! Dopo avermi rovinato il tragico Pergolesi dello Stabat Mater, mi avete ridicolizzato l'ouverture del Gugliemo Tell con una esecuzione da banda di paese ed un direttore macchietta che si è quasi messo a ballare! Questa può essere considerata l'unica opera seria di Rossini, nello stile della grand opéra francese... non certo una commedia italiana! Insomma, come non tutto Bach è "soli Deo gloria", non tutta la musica italiana è opera buffa!

3 contro 2

Studiando la IV Triosonata in E minor BWV 528, ho cercato di ascoltare diverse interpretazioni, non trovandone una che rispondesse alla mia idea del pezzo. Finché un amico mi ha proposto la versione di Miklos Spanyi, finalmente vicina alla mia interpretazione (teorica) della composizione nel primo e secondo tempo, ma che mi ha fatto saltare dalla sedia nel III tempo, "un poc'allegro".

Come eseguire la VII battuta del tema? Quando il tema è esposto da solo, una volta nella mano destra alla VII battuta ed una nella mano sinistra alla LXVI, la chiusura prevede una quartina di sedicesimi, come qui sotto.
Ma... nella prestigiosa NBA dell'edizione Bärenreiter, quando il tema ricompare accompagnato da terzine di semicrome,(battute 15, 42, 50 e 74), la quartina è "normalizzata" con note puntate!

Cosa? Perché Bach dovrebbe aver cambiato il ritmo del tema? Solo per facilitarne l'esecuzione? Probabilmente si tratta di una correzione da parte di Wilhelm Friedmann Bach o dell'editore. Così penso io. In ogni caso mi rifiuto di suonare in questo modo. Forte della conferma dell'edizione rivista da M. Dupré, ho corretto con bianchetto e penna il mio costoso libro Bärenreiter nel modo seguente:

e così ogni qual volta compare il tema "normalizzato". Poi, parlando con il mio maestro, più spirituale che pratico ora che sono emigrata, F. Finotti, mi ha fatto notare che tutto dipende dalla velocità con cui si affronta il pezzo, se in tempo allegro la "normalizzazione" viene automatica e si perde l'effetto 3 contro 2. Come sempre ha ragione.

A dire il vero l'esecuzione di Spanyi non era poi così veloce e sicuramente non lo sarà mai la mia, perciò preferisco mantenere immutato il tema quando compare nelle imitazioni.


Johannes Passion - il film

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La scorsa domenica sono andata nella Schubertkirche per vedere la proiezione di un insolito film: essendo in tempo di Quaresima e ricordando il compleanno di Bach, il film era “Es wäre gut, daß ein Mensch würde umbracht für das Volk (E' bene che un uomo muoia per il popolo), noto anche con il titolo “Johannes Passion”, dato che è basato sull'omonima composizione di Bach. Il film è stato diretto e scritto da Hugo Niebeling, girato e prodotto in Germania nel 1991. Non avevo mai visto prima questa pellicola, non è mai giusta in Italia... probabilmente perché è in Tedesco, forse perché il testo evangelico viene dalla traduzione fatta da Lutero o forse perché l'interpretazione generale è troppo moderna per molti bigotti e tradizionalisti italiani. In ogni caso ho trovato questo film davvero impressionante.
 
Dalla presentazione ufficiale del film: adattamento della Passione secondo San Giovanni di J.S. Bach in forma di (sigh!) musical, ambientato nella Cattedrale di Spira, in Germania. Qui, il regista Hugo Niebeling ha posto le arie e le coreografie danzate nelle scene corali, ove i ballerini indossano antiche maschere. La colonna sonora è basata sull'esecuzione della München Bach Orchestra e del München Bach Chor diretti da Karl Richter, nel 1964, ma i solisti Ernst Haefliger (Evangelista) e Kieth Engen hanno registrato nuovamente le loro parti. Il cast comprende: Christoph Quest (Gesù) di 50 anni all'epoca del film, Klaus Barner (Pilato), Ernst Haefliger (Evangelista). Una clip del film si può vedere qui, ove si può acquistare il dvd per meno di €10. In rete si trovano delle recensioni, ahimè solamente in Tedesco. 

Da quella di P. H., pubblicata su film-dienst, n. 26, del 1991, riporto i seguenti passi.
La rappresentazione della Passione secondo San Giovanni di Bach in un film è un'idea fantastica. Nessuno ha mai intrapreso un progetto simile nei decenni passati della storia cinematografica tedesca. Niebeling si allontana dalla rappresentazione tradizionale in forma concertistica della Passione, spostando la scena nella Cattedrale di Spira, realizzandola come un musical incentrato sul confronto tra Gesù e Pilato, ove i cori e le arie fungono da commenti e meditazioni come nella tragedia greca. La musica è la ben nota incisione di Karl Richter del 1964. Dalla combinazione di musica, architettura, recitazione e danza, Niebeling crea un'opera d'arte che convince da ogni punto di vista. Oltre che la storia narrata nei capitoli 18 e 19 del Vangelo di Giovanni, compaiono alcune scene aggiunte dal regista, come la cacciata dei mercanti dal tempio, ed altre di pura invenzione, come il banchetto a casa di Pilato. Niebeling presenta i solisti ed il coro in scene alternate, anticipando e sostenendo la coreografia danzata con specifiche luci e colori. Un esempio che spiega la difficoltà di sceneggiare la musica è l'aria del basso che accompagna la salita di Gesù al Golgota, che contiene numerosi richiami alle anime perse che salgono pure il Golgota. Niebeling rappresenta ci con ballerini vestiti di bianco che corrono lungo le navate, attraversando il cammino di Gesù. Il risultato è meramente estetico, ma non porta ad una maggiore comprensione né della musica né del testo cantato. Niebeling inscena un capolavoro di Bach cercando anche di aggiornarlo. Infatti durante le prime battute si possono vedere gli attori che corrono verso la Cattedrale lungo le strade di Spira e che poi vengono gradualmente trasformati nei personaggi che interpretano. Quando l'attore che impersona Gesù cerca di confrontare la sua immagine truccata con quella preservata nella Sacra Sindone, capisce che "non sono io!" ("Das bin ich nicht!") e decide di recitare senza maschere e parrucca. Di conseguenza l'immagine di Gesù viene rivoluzionata, la rappresentazione tradizionale di un giovane affascinante uomo con i capelli lunghi, seguita anche da "Il Vangelo secondo Matteo" di Pasolini e "Jesus of Montreal" di Arcand, lascia il posto ad un uomo comune, privo di alcuna trasfigurazione eroica, di mezza età, calvo e con la barba ispida, un uomo buono ma anche determinato, che segue la sua strada senza tentennamenti. Grazie all'interpretazione di Christoph Quest, la figura di Gesù vince in attualità, anche quando la rappresentazione segue l'iconografia tradizionale. Al contrario Klaus Barner come Pilato risulta più debole, in ogni caso in accordo con l'interpretazione di Niebeling. Il suo Pilato è un impiegato, che esamina meticolosamente gli strumenti di tortura ma che non presta attenzione ai corpi martoriati delle vittime. Sul fronte opposto la figura di Pietro, interpretato da Ralf Richter come un uomo d'azione, che piange per non potersi opporre all'arresto di Gesù. Questo film è una bella scelta, non solo per gli amanti di Bach, ma anche per il grande pubblico, anche se le aspettative dei più giovani verranno parzialmente disattese.
Da un'altra recensione, di Peter W. Jansen, pubblicata su TIP Magazin, n. 26, del 1991.
Così o niente! Il film "Es wäre gut, daß ein Mensch würde umbracht für das Volk" di Hugo Niebeling trasforma la Passione secondo San Giovanni di Bach' in un adorabile musical.
E' estate, nel traffico di una qualunque città di medie dimensioni. La gente cammina lungo le strade, su moderni marciapiedi. Gradualmente alcune persone si separano dalla massa ed entrano in una chiesa. Nello spogliatoio, che sembra nella cripta o nella sacrestia, appare uno degli attori con una maschera di Gesù. Esclama "Questo non sono io!", poi si toglie la parrucca rivelando la sua calvizie: "O così o niente!".

Quindi "così o niente" è probabilmente l'unico modo di fare questo film., sempre al limite della tragedia, quasi melodrammatico. E' tutto un artefatto, come Bach ha fatto con la musica, composto da musica e geometria, voci e rappresentazioni, costumi e coreografie, luci e movimenti della telecamera, direzione ed istinto: un gioco di una mente geniale.
"Es wäre gut, daß ein Mensch würde umbracht für das Volk" è incentrato con crescente drammaticità sul confronto tra Pilato e Gesù, creando un dramma che è quello dell'amicizia irrealizzabile. Niebeling realizza scenicamente anche la complessità della musica con cambi di macchina, sovrapposizioni musicali, ad esempio filmando i gruppi nella sequenza in cui entrano a canone invece di inquadrare il coro intero.
Il film sfrutta la brillante registrazione storica della Passione del München Bach Chor e della Bach Orchestra diretti da Karl Richter. Niebeling lavora abilmente con il capolavoro di Bach, con calcolo e sentimento allo stesso tempo, ee con danza e recitazione come nelle tragedie classiche, creando un moderno musical da un oratorio.

La regola del trillo

Durante un viaggio a Vienna per lavoro, ho incontrato un giovane e talentuoso pianista, Gianluca Luisi, che aveva appena suonato probabilmente all'ultimo concerto nella sala della Bösendorfer, dopo che la storica fabbrica di pianoforti è stata comprata dalla giapponese Yamaha. Abbiamo iniziato a parlare di musica prima di presentarci, come al solito tra musicisti. Parlando di J.S. Bach e della prassi esecutiva, concordava sul fatto che clavicembalisti ed organisti olandesi tendono ad aggiungere trilli ed abbellimenti ovunque e che considerano una regola immodificabile iniziare i trilli sempre dalla nota superiore. Luisi notava come talvolta questa rigidità porta a veri e propri errori di armonia come ottave e quinte parallele o travisamenti dell'armonia fondamentale.

Credo che Bach sia troppo complesso per poter essere ridotto ad una serie di sterili regole. Ogni nota ha la sua importanza nel brano. Ciò che ho imparato da E. Kooiman, olandese, pur se in un breve corso, è stata proprio la seguente: l'interpretazione musicale è la perfetta combinazione di importanza melodica ed armonica di ogni suono e scelta del timbro e della velocità. Quanto di più lontano possa esserci da una sciocca regola su come eseguire i trilli!